di Gaetano Santangelo

        L’assonanza tra le parole reflex e riflettere giustifica la scelta del nome di questa rubrica che ho tenuto su Amadeus dal febbraio 2015 al dicembre 2019 quando il mensile, nato nel dicembre 1989, compiva trent’anni.

La musica, si sa, è tra le arti quella che più si presta a essere considerata strumento di mero divertimento. Lo dimostra il fatto che, mentre i libri e la carta stampata godono di un’Iva al 4%, i cd sono soggetti a un’Iva del 22%. Nonostante ciò la musica sopravvive. Ma gli ultimi provvedimenti presi dal Ministero della Cultura (Mibac) nella ripartizione del Fus creano grosse perplessità. Non è il colpo definitivo, ma sicuramente si tratta di un bel passo avanti verso la distruzione del prezioso tessuto di attività musicali diffuse sul territorio nazionale.  Il dilemma che si è posto al legislatore era il rapporto tra qualità e quantità. La difficoltà di definire un criterio di valutazione oggettivo nell’attribuire il giusto peso a questi due elementi e la scarsità delle risorse ha imposto autentici giochi di prestigio nella ripartizione delle quote del Fus. Così si è stabilito, non si sa bene su quali basi, che il fattore qualitativo incide per il 30% sul totale. Ora, visto che con la cultura non si mangia, come ebbe a dire un noto ministro della nostra Repubblica, ricorriamo a un esempio gastronomico.

Supponiamo di voler dare il voto al panino che frettolosamente stiamo mangiando durante la pausa pranzo. Applicando i parametri suddetti dovremmo attribuire al sapore il 30% del prezzo e alla quantità il 70%. Solo che non mi va che sia tanto e cattivo, lo voglio buono e digeribile, un buon panino al prezzo giusto. Ma in Italia si ragiona diversamente. Nel Paese che, secondo le stime dell’Unesco, detiene il maggior numero di beni artistici e culturali del mondo si investe meno che in tutti gli altri paesi europei (siamo all’ultimo posto dei 27 dell’Unione), dove gli investimenti culturali (tali sono e non elargizioni a fondo perso) oscillano tra l’1 e 1,5% del Pil. In Italia siamo attorno allo 0,5%. E questa miseria è contesa da un numero forse eccessivo di associazioni, fondazioni ed enti culturali tanto che il Mibac è costretto a correre ai ripari. Così si decide che, nell’impossibilità di aumentare il dividendo si riduce il divisore. Solo che questi miseri avanzi sono divisi male. Che sia l’inizio della fine? Impossibile, la musica non è un capriccio, è una necessità.

(Amadeus n. 311 – ottobre 2015)