di Gaetano Santangelo
L’assonanza tra le parole reflex e riflettere giustifica la scelta del nome di questa rubrica che ho tenuto su Amadeus dal febbraio 2015 al dicembre 2019 quando il mensile, nato nel dicembre 1989, compiva trent’anni.
Sponsor e mecenati sono diventati figure di estrema importanza nel panorama culturale, non solo italiano. Credo infatti che questo sia un tema sentito ovunque nel mondo. Vi sono paesi, come gli Stati Uniti, dove la cultura è finanziata solo in minima parte con risorse pubbliche, ma vive prevalentemente di contributi privati. In pratica, semplificando, si può dire che, qualora un cittadino contribuisca con i propri mezzi a sostenere la cultura, l’erario gli riconosce un credito riducendogli adeguatamente le imposte in modo da invogliarlo a usufruire di tale opportunità. Ne deriva che l’obbligo del pagamento di un tributo si trasformi in un atto liberale, un’elargizione in cui beneficiario e ammontare sono decisi autonomamente dal “contribuente”.
Ma come è possibile adottare un sistema come quello sopra descritto visto che a noi manca il retroterra culturale e la sana abitudine a pagare regolarmente le imposte? Né sembra che la politica faccia gran conto, se non a parole, dell’importanza che per il nostro Paese ha il patrimonio artistico, se leggiamo le inadeguate voci messe in bilancio: non elargizioni ma investimenti a sostegno del patrimonio artistico e paesaggistico più ammirato e invidiato nel mondo. A questo patrimonio, appartiene anche la musica.
Queste riflessioni sono state suggerite dalle osservazioni di un lettore (vedi l’apposita rubrica qui accanto) che lamentando la presenza della pubblicità, “non poca”, e della rubrica Mecenati, “che lascia perplessi”, provoca alcune inevitabili domande: a quanto dovrebbe essere portato il prezzo di copertina del nostro mensile se volessimo far quadrare i conti senza la tanto vituperata “reclame”? Quanto dovrebbero costare i biglietti d’ingresso ai concerti senza il contributo dei mecenati? Già in queste condizioni, con la tv, internet e la costante perdita di capacità di attenzione e di approfondimento delle nuove generazioni, vittime dei messaggini e di twitter, risulta difficile figuriamoci se dovessimo dare un taglio là dove non c’è più nulla da tagliare.
(Amadeus n. 335–ottobre 2017)