In occasione dl decennale della morte di Claudio Abbado, avvenuta a Bologna il 20 gennaio del 2014, iniziamo la pubblicazione di tutti gli articoli dedicati da Amadeus al grande direttore d’orchestra, protagonista della vita musicale del Novecento e di questo primo scorcio del nuovo secolo.
È stato inevitabile che, fin dal primo numero, la nostra attenzione fosse rivolta al Maestro da poco eletto a una delle cariche più prestigiose: quella di direttore dei Berliner Philharmoniker.
(Aprile 2000 – Amadeus n. 125)
Ferrara: un «Così fan tutte» rossiniano con Claudio Abbado
di Duilio Courir
Ogni qual volta si riascolta quel capolavoro estremo della collaborazione fra Mozart e Da Ponte che è il Così fan tutte, si torna a scoprire lo spirito di una società razionalistica, inattaccabile dal sentimento, che arriva sul palcoscenico viennese filtrato dal genio mozartiano, e del quale si possono ripercorrere i percorsi labirintici condensati nelle parole del libretto di Da Ponte.
Si tratta di una società che si definisce, si scompone e si ricompone in un gioco articolato e distaccato da qualsiasi indicazione che non siano le affinità naturali. Un abisso di amarezza struggente e immedicabile e uno sguardo impietoso e pietoso nelle cose umane. Claudio Abbado ha atteso ed esitato molto prima di affrontare questo testo mozartiano proponendolo per Ferrara Musica nell’ambito della stagione del Comunale di Ferrara con una compagnia di canto di grande fascino interpretativo in tutto certo degna del compito arduo, e guidando quella compagine assai amata, che è la Mahler Chamber Orchestra, offrendo una lettura di grande risalto nella quale proprio niente suonava convenzionale.
Abbado è sembrato guardare a quest’opera cercando di tener conto che Mozart corre dietro alla perfezione della musica e in questo modo si avvicina alla imperfezione della storia, dell’argomento , dei personaggi, svelando così l’umanità nei propri difetti e nella propria inadeguatezza, senza rinunciare a quella sensazione di felicità di scherzo, di divertimento e anche di spensieratezza che appartiene sempre allo stile del comporre mozartiano, forzando perfino la zona e la misura di quest’opera e calcando un poco troppo la mano nell’esecuzione. La corsa in avanti infatti che Abbado fa nella sua lezione del Così lascia scorgere la mediazione della passione rossiniana del direttore milanese, una sorta di glorificazione sonora del misterioso istinto della creatività, qualcosa della carnalità esplicita delle Nozze, il segno dunque della folle journée non immemore della raffigurazione vitale perfino pazzesca del Mozart di Milos Forman, raggiungendo risultati di strabiliante qualità ma con drastica riduzione del versante malinconico e d’ombra dell’opera. Davanti a questo autentico e dominante vigore esecutivo, mantenuto però sul terreno del sinfonismo, ci è sembrata spaesata la regia di Mario Martone, sicuramente brillante, troppo orientato a far vivere, sul palcoscenico del Comunale ferrarese, il gioco acrobatico della commedia dell’arte attestando una contiguità con la civiltà musicale napoletana che dovrebbe invece restare su di un piano più allusivo, dal momento che gli stessi vocaboli napoletani sono qui pronunciati attraverso il filtro del pensiero viennese. L’esecuzione eccelsa ha conquistato in ogni modo il pubblico del Comunale ancora una volta con una compagnia di canto ammirevole in tutti i suoi componenti, dalla stupenda Melanie Diener alla fascinosa Anna Caterina Antonacci, rispettivamente Fiordiligi e Dorabella, allo straordinario Guglielmo di Nicola Ulivieri, al buon Ferrando di Charles Workman, alla sorprendente Despina di Daniela Mazzucato e all’irresistibile Don Alfonso di Andrea Concetti che si è imposto per presenza scenica e vocale strepitosa. Del resto in questa interpretazione scatenata e trascinante si è potuta apprezzare una chiarezza di parola che non ha fatto perdere una battuta dell’opera al pubblico senza un solo istante di stanchezza, malgrado i tagli riaperti che per la verità non hanno aggiunto al capolavoro mozartiano un gran che.