di Gaetano Santangelo

        L’assonanza tra le parole reflex e riflettere giustifica la scelta del nome di questa rubrica che ho tenuto su Amadeus dal febbraio 2015 al dicembre 2019 quando il mensile, nato nel dicembre 1989, compiva trent’anni.

     Il progetto di trasformare l’Arena di Verona in una S.p.a. induce a qualche riflessione. Può essere il privato l’ultima ancora di salvezza per una o più Fondazioni Liriche? Come si possono conciliare i due primari obbiettivi richiesti alla cultura: qualità (per quanto riguarda le prestazioni artistiche), quantità (relativamente all’incasso) con il solo capitale privato? È possibile rendere compatibili il legittimo obbiettivo di coloro che potrebbero investire i propri soldi per conseguire un utile e quello di rendere accessibile a tutti la cultura, che dovrebbe essere ritenuta una delle voci importanti del nostro Pil e potrebbe esserlo ancora di più se si avesse il coraggio di crederci incrementando gli investimenti che nel nostro Paese sono in questo settore ai minimi storici? Come si vede pubblico e privato si intrecciano in modo inestricabile. E per quanto riguarda il pubblico l’Italia si trova in Europa all’ultimo posto con un investimento dell’1,1% contro una media del 2,1%.
Nessuno si è mai chiesto da dove vengono i 68 miliardi di euro, cioè il 5% della ricchezza totale che dà lavoro a 1,5 milioni di persone? Non so quante volte il nostro giornale ha affrontato questo argomento, credo di non poter essere smentito se dico che fin dal primo numero abbiamo ribadito che gli investimenti nella cultura, nella scuola, nella ricerca per un paese privo di materie prime costituiscono l’unica risorsa di cui, per una fortunata serie di circostanze, siamo particolarmente ricchi. Basterebbe chiedersi da dove proviene questa ricchezza per dedurne che gli unici investimenti che sono arrivati indenni e moltiplicati nel loro valore fino ai giorni nostri sono in massima parte le opere d’arte nelle quali i nostri antenati investivano il proprio danaro (a quei tempi il confine tra pubblico e privato non era paragonabile a quello attuale). Anche l’Arena fa parte di questo patrimonio e se una felice intuizione ne ha fatto un polo d’attrazione turistica unico al mondo non dovrebbe avere altri avversari se non le bizzarrie di Giove pluvio, ma pare non sia così. Potrà essere un semplice cambio di casacca, da pubblico a privato, a garantire la salvezza della Fondazione Arena? E i veronesi cosa ne pensano?

(Amadeus n. 321–agosto 2016)