di Gaetano Santangelo

        L’assonanza tra le parole reflex e riflettere giustifica la scelta del nome di questa rubrica che ho tenuto su Amadeus dal febbraio 2015 al dicembre 2019 quando il mensile, nato nel dicembre 1989, compiva trent’anni.

       Le statistiche ufficiali considerano come settori strettamente culturali quelli relativi all’editoria, ai festival, al cinema, al teatro e alla musica. Entro questi confini si effettuano le rilevazioni delle unità (sarebbero persone) impiegate. I sondaggi più recenti ne hanno contate 413 mila. Ma non è difficile costatare che da questa statistica sono escluse alcune “unità” importantissime, come i precari e gli impiegati occasionali, i dipendenti degli assessorati, delle associazioni e delle fondazioni, i funzionari della complessa macchina statale (turismo, musei ecc.), le scuole di ogni ordine e grado, i giornalisti, le radio e le televisioni, internet. Per quanto dovremmo moltiplicare il dato rilevato dall’Istat per comprenderli tutti? La macchina che produce cultura è estremamente complessa e bisognerebbe, una volta per tutte, stabilire criteri di rilevazione più esatti. Forse (sempre che non confligga con oscuri interessi che vogliono più facilmente governabile l’ignoranza della cultura) si verrebbe finalmente a prendere in considerazione l’ipotesi che, in un Paese come il nostro, gli investimenti culturali dovrebbero godere di particolare attenzione. A beneficiarne non sarebbe solo la nostra vita sociale ma, se proprio vogliamo metterla sul pratico, anche il tanto sofferente Pil. Basterebbe inoltre che i responsabili della cosa pubblica sapessero guardarsi meglio attorno per cogliere i numerosi segnali di interesse del pubblico verso la cultura. Per esempio quando si aprono le porte dei musei, dei teatri e si invita il pubblico, con iniziative che non cercano il facile consenso con opere popolari, ma sono ben organizzate, ben promosse e attraenti, venendoci incontro nelle strade e nelle piazze e abbattendo tutte le barriere che intimidiscono i non “praticanti”.
L’esempio più recente è Piano City, che a Milano ha fatto muovere migliaia di cittadini (tra cui moltissimi giovani) per ascoltare buona musica, ben eseguita in contesti che spaziavano dal cortile della casa d’epoca, alla sommità del Grattacielo della Regione, dal parco del Gam, circondati dal verde e dal canto degli uccelli, ben intonati a Schumann e a Chopin, al teatro di periferia.

(Amadeus n. 320– luglio 2016)