di Gaetano Santangelo

        L’assonanza tra le parole reflex e riflettere giustifica la scelta del nome di questa rubrica che ho tenuto su Amadeus dal febbraio 2015 al dicembre 2019 quando il mensile, nato nel dicembre 1989, compiva trent’anni.

Sempre più frequenti sono i casi in cui le porte di un carcere si aprono al mondo dello spettacolo e della musica. Recentemente è accaduto alla Casa di Reclusione di Opera, carcere di massima sicurezza nell’hinterland milanese, dove la musica classica, il jazz e il folclore, interrompendo ritmi e riti di un luogo a noi noto solo grazie al cinema, hanno fatto capolino, promossi dall’ “Associazione per MiTo onlus” in collaborazione con il Conservatorio di Milano. Ma dal vivo è un altro film. Si entra dopo una lunga attesa e ci si rende subito conto che il tempo qui ha ritmi a noi poco familiari. Si vive secondo ferrei rituali: non si apre una porta se l’altra alle nostre spalle non è chiusa, e solo dopo una serie di minuziosi controlli ci si avvia verso l’auditorium, percorrendo lunghi corridoi che mani naif hanno reso meno anonimi con graffiti di figure umane, animali e fiori immersi nel verde dei prati e nei cieli azzurri, quasi a voler tener vivo il ricordo di una libertà perduta.
Ai detenuti, che entrano dopo scortati e a piccoli gruppi, è riservato un settore alle spalle del numeroso pubblico, per la maggior parte composto da docenti del Conservatorio e dalle rispettive famiglie. Infine arrivano i giovani musicisti (una sezione d’archi, una di fiati e una fisarmonica), accompagnati da due docenti: Alberto Serrapiglio, direttore e solista al clarinetto e al sax e Stefania Mormone, pianoforte. Il programma è costruito con sapienza e abbatte ogni barriera imposta dai generi: i brani classici (da Bach a Sarasate) si incrociano con brani klezmer, con Piazzolla e con il jazz che, grazie a Gershwin, si fonde con la classica, e guida il pubblico alle nostre spalle in un percorso musicale carico di tensione emotiva, favorita dall’esecuzione dei bravissimi studenti del Laboratorio di World Music del Conservatorio. Gli applausi a scena aperta, retaggio del jazz, si susseguono dopo ogni assolo virtuosistico e poco per volta si capisce che anche la musica può liberarsi dalle antiche pastoie, soprattutto quando scalda i cuori e fa volare il pensiero oltre le sbarre. Richieste di bis e promesse per futuri incontri tra musica e carceri.

(Amadeus n. 329–aprile 2017)