In occasione dl decennale della morte di Claudio Abbado, avvenuta a Bologna il 20 gennaio del 2014, iniziamo la pubblicazione di tutti gli articoli dedicati da Amadeus al grande direttore d’orchestra, protagonista della vita musicale del Novecento e di questo primo scorcio del nuovo secolo.
È stato inevitabile che, fin dal primo numero, la nostra attenzione fosse rivolta al Maestro da poco eletto a una delle cariche più prestigiose: quella di direttore dei Berliner Philharmoniker.
Qui riportiamo un articolo di Lothar Knessl, professore di musicologia all’Università di Vienna, direttore dei programmi del Teatro dell’Opera e responsabile di una trasmissione alla Radio Austriaca.

(aprile 1990 – Amadeus n. 5)

La Nuova Musica secondo Wien Modern

Il Festival ideato da Claudio Abbado fa scoprire
ai viennesi le opere del XX secolo. In programma per quest’anno
Berio, Carter, Lutoslavski e Krenek.

di Lothar Knessl

Vienna, piuttosto sorprendentemente, ha scoperto solo da due anni il proprio amore per la nuova musica del ventesimo secolo. In realtà tale amore si era già manifestato negli anni Cinquanta, negli anni delle rapidissime evoluzioni musicali e della necessità di ricupero, quando fu fondato l’ensemble «die Reihe» (diretto per lo più da Friedrich Cerha) che eseguiva solo musica da camera da Boulez fino a Cage, musica appena nata per l’appunto. Questo amore, però, negli anni successivi si spense e venne mantenuto vivo solo da una ristretta cerchia di imperturbabili «Specialisti». Questo fenomeno potrebbe in parte essere messo in relazione con un calo dell’innovazione compositiva.
Due anni fa però si è verificata una svolta fondamentale: «Wien Modern 1988», festival nato per iniziativa di Claudio Abbado con la collaborazione dell’Assessorato alla Cultura della città di Vienna, insieme alla Konzerthaus e alla «Società Viennese degli Amici della Musica», ha ottenuto immediatamente uno strabiliante successo superiore anche alle più ottimistiche previsioni, sempre caute considerando quanto Vienna sia ancora legata alle tradizioni. Sia la «trascinante» partecipazione di Abbado sia, forse, il momento particolare in cui il festival musicale «Wien Modern» è stato proposto, hanno probabilmente contribuito al successo, evidenziatosi nelle sale dei concerti sempre affollate da un pubblico entusiasta e dalla stampa.

La copertina del programma di •Wien Modern» 1989, il festival ideato e voluto da Claudio Abbado

Una «nuova musica»
            Grazie a tutto questo è stato possibile organizzare il festival «Wien Modern 1989» con maggiore tranquillità, con il risultato di un ulteriore incremento di interesse da parte del pubblico (alcuni concerti, per esempio le serate di quartetto d’archi, per le quali era già stata prevista a priori una calda rispondenza da parte del pubblico, hanno dovuto essere spostati in sale più grandi a causa dell’affluenza di pubblico, ancora superiore alle aspettative). In ogni caso sembra che la programmazione del festival abbia corrisposto a una tendenza del momento.
Ma cosa si intende in questo caso con «moderno»? Assolutamente non di moda, ma nuovo, nel senso di relativo al ventesimo secolo. L’espressione «nuova musica» nel significato attuale è stata coniata nel 1919. La nuova musica però è sempre esistita, per esempio al tempo della ars nova, o delle «nuove musiche» (Caccini, Monteverdi), o attraverso i Mannheimer, o negli ultimi quartetti d’archi di Beethoven, o nella strutturazione di una musica timbrica, e così via. Questo significa che l’espressione «Nuova musica» non deve essere interpretata come musica contemporanea; infatti, talvolta, una musica composta trent’anni prima è «più nuova» di un’altra composta negli ultimi cinque anni, nella quale spesso come se ci trovassimo in un periodo di mancanza d ‘ispirazione regna solo ed esclusivamente l’eclettismo.
Perciò la sigla «Wien Modern» non deve essere interpretata esclusivamente come musica contemporanea. Si trattava e si tratta della presentazione di opere significative per il loro carattere innovativo, che oltrepassano, a livello internazionale, le costrizioni di una corrente limitata nel tempo e che, grazie alle loro qualità compositive, portano in sé in nuce la possibilità di diventare immortali. Si trattava e si tratta anche di opporsi alla tendenza della semplice prima. Per esempio negli anni Cinquanta e Sessanta sono state composte opere, che sono scivolate nell’anonimato non per mancanza di qualità del livello musicale ma in primo luogo perché vi furono fin troppe opere nuove, e poi per­ ché a causa di un processo di trasformazione estetica, le vere novità musicali erano molto meno in voga. Ma, in particolare nelle nuove generazioni, sembra essersi affermata una svolta nel modo di pensare e negli interessi: si desidera nuovamente ricercare i veri valori, le innovazioni decisive nella musica del ventesimo secolo.

Karlheinz Stockhausen

Artisti internazionali
            Ed è proprio questo che «Wien Modern» intende offrire con il proprio programma. Nel 1988 i rappresentanti della generazione più anziana si chiamavano Boulez, Nono, Ligeti, Kurtag. Wolfgang Rihm rappresentava invece i più giovani. Che Ligeti e Boulez avrebbero affascinato molti ascoltatori era prevedibile. Risulta invece sintomatico il successo sensazionale riscosso sia dal compositore Kurtag, fino ad allora praticamente sconosciuto a Vienna, sia da Nono, in particolare con la sua opera maggiore, Canto sospeso, commovente e rara per intensità emotiva, composta negli anni 1955/56. Nel 1989 il programma di «Wien Modern» è stato conseguentemente ampliato. I maggiori compositori della generazione più anziana comprendevano Friedrich Cerha, Sofia Gubaidulina, Maderna e Stockhausen. Accanto a loro i giovani compositori Beat Furrer (nato in Svizzera nel 1954), Karlheinz Essl (nato a Vienna nel 1960) e Herbert Willi (nato in Austria nel 1955).
È giusto che si cerchi di accostare esponenti internazionali della musica a quelli più propriamente austriaci (con l’inclusione della Scuola Viennese: Webern, Berg, Schönberg) in un festival che dura quattro settimane (30 concerti). Solo in un simile festival, formato completamente da artisti e ensemble di valore internazionale, può essere presentato in modo adeguato un vero talento compositivo; una selezione anche degli artisti austriaci corrisponde inoltre alle intenzioni del finanziatore.

Luciano Berio

Ci sembra significativo il fatto che Stockhausen, che ha presentato molti dei suoi pezzi giovanili del ciclo della «luce», abbia riscosso il maggiore successo con il «Gruppen Für drei Orchester» (1955/57). A Maderna, invece, a mio parere, è stato dato troppo poco spazio. Avrebbero dovuto essere presi in considerazione anche alcuni dei suoi esperimenti di teatro musicale o le sue composizioni per orchestra Ausstrahlung e Quadrivium. Che cosa e quanto egli abbia da dirci oggi è dimostrato, per esempio, dall’affascinante terzo concerto per oboe, dall’Asra (dal suono raffinato) e dal Giardino religioso – magico e aleatorio. La compositrice russa Gubaidulina ha riscosso successo soprattutto con il suo concerto per violino e orchestra (Offertorium). Il successo maggiore in assoluto lo ha però riscosso Friedrich Cerha, e questo non per motivi patriottici, ma perché la sua creazione, valutata globalmente, ha lasciato l’impressione emotiva maggiore. Opere come le Espressioni fondamentali (1956/57), fortemente espressive, o l’affascinante Spiegel I-VII (1960/61), le entusiasmanti Baal-Gesänge (1982), il suggestivo Monumentum per orchestra (1988) o il Phantasiestück per violoncello e orchestra (prima nel 1989) che trasporta in un mondo luminoso e contemporaneamente in un delicato pomeriggio di fine estate: queste e altre opere testimoniano, anche secondo l’opinione del pubblico, che Cerha è oggi uno dei dieci migliori compositori a livello internazionale, e se tale realtà non è ancora pienamente riconosciuta ovunque è perché Cerha è un austriaco.
Si sta già lavorando per «Wien Modern 1990»: i maggiori compositori presentati saranno Luciano Berio, Elliott Carter, Witold Lutoslawski e il luminare Erst Krenek.