Io, Leonard, fanatico della musica (parte terza)

di Jonathan Cott*

(Pubblicato sul n. 11 di Amadeus, ottobre 1990)

“L’ eterno studente”

Negli anni Sessanta molti ragazzi indossavano distintivi con la scritta «Mahler Grooves» (Fans di Mahler).
«Era bello. Era molto bello. C’ero allora. E scommetto che lei non sa che io ho coniato lo slogan Mahler Grooves? Ho un adesivo con la scritta Mahler Grooves incollato alla prima pagina del mio spartito della Sesta Sinfonia. Ma non si può parlare di Mahler Grooves ai ragazzi di Harlem … e nemmeno ai musicisti dell’Orchestra Filarmonica di Vienna. Quelli sono i miei ragazzi, ma non si preoccupano realmente di una “fedeltà” a Mahler. Nel 1988 ho portato l’orchestra in Israele e una delle opere che abbiamo eseguito a Gerusalemme è stata proprio la Sesta di Mahler. Quella sì fu un’esperienza indimenticabile Immagini… questa orchestra tutta cattolica, i cui musicisti, prima che io li dirigessi, non sapevano cosa fosse un ebreo! Musicisti cresciuti nella città natale di Freud, Schoenberg, Wittgenstein, Karl Kraus… per non citare Mahler: una Vienna che era diventata una città praticamente senza ebrei!


Ricordo che alla prima prova della mia opera
Kaddish i musicisti si interruppero per chiedermi che cosa significasse kaddish. Io dissi che derivava dalla parola sanctus, kadosh. Più tardi uno dei musicisti mi chiese, con stupore: “Ci sta dicendo che Gesù era ebreo?”. Non potevo crederci. Un altro musicista poi mi spiegò: “Siamo stati educati dall’età di due anni a non porre domande. E se lo facevamo non ricevevamo risposta. Abbiamo imparato alcune cose dalle riviste e dalla Tv ma questo è tutto”. Si rende conto che quei ragazzi non sapevano che Gesù parlava una lingua chiamata aramaico o che esisteva una connessione tra il Vecchio e il Nuovo Testamento! Erano tutti ragazzi praticanti, cresciuti nelle tradizioni dei loro nonni nazisti. E tuttavia io li considero miei figli e fratelli. Talvolta la gente mi chiede come posso andare a Vienna e dirigere la Filarmonica. Semplice, è perché io amo il loro amore per la musica. E l’amore può fare molto. Abbiamo già perduto un ‘intera generazione di ragazzi ciechi a tutto ciò che è costruttivo o bello, ciechi all’amore, l’amore, l’AMORE – quella vecchia, malconcia, sporca parola di cinque lettere che poche persone ancora capiscono».

Lei parla spesso di «fede, speranza e fiducia». Evidentemente lei crede non solo nell’amore ma anche nell’idea di continuità.
«Noi dobbiamo tornare alla fede, alla speranza e alla fiducia, valori con cui noi tutti siamo nati. Sfortunatamente siamo anche nati con la convinzione di essere al centro dell’universo. E di tutti i traumi questo è il maggiore e quello dal quale è più difficile liberarsi. È il principio più difficile da accettare della teoria copernicana: siamo solo dei granelli su questo pianeta che è solo un granello del nostro sistema solare, della nostra galassia. L’impresa più ardua al mondo è affrontare l’adolescenza e doversi confrontare con l’idea della nostra caducità.
Una volta ho dato un Young People ‘s Concert, e l ‘ho incentrato su questo tema: ho parlato di Nietzsche, concludendo con l’esecuzione di
Also sprach Zarathustra di Strauss. È l’argomento più difficile di cui parlare. Bisogna sapere dove si nasconde la pena, di che cosa soffrono i giovani, perché trasformano il loro programma in aeroplanini di carta che lanciano in giro. Hanno una scarsa capacità di attenzione e pertanto è necessario anticipare argomenti e inventare dei trucchi per quando si avverte che stanno scivolandovi via, in particolare i più giovani».

È stato Nietzsche che ha affermato: «In ogni persona vera si nasconde un bambino che desidera giocare» (giocare = play)
«Noi suoniamo (play) la Sesta Sinfonia di Ciaikovskij; andiamo a vedere una tragedia (play) di Shakespeare; Hamlet è un attore (player). Stravinskij ha detto che la musica è il “gioco (play) delle note” – dodici note … meno della metà delle lettere di un alfabeto. Sono un maniaco anagrammista: Beard e bread contengono le stesse lettere ma non hanno lo stesso significato. La tecnica del suonare (play). La musica in realtà è solo questo»*.
* N.d.T.: In inglese tanto il verbo «giocare» quanto il verbo «suonare», il sostantivo «tragedia» e il sostantivo «gioco» si traducono con il termine «play» su questo gioco di parole, intraducibile in italiano, si basa la risposta di Bernstein.

Leonard Bernstein insieme a sua moglie Felicia Montealegre e ai figli Alexander e Jamie.

Lei è un maestro sorprendentemente «giocoso», ma se un adulto non ha un fanciullo dentro di sé che vuole giocare, probabilmente non riuscirà a ricevere una risposta dai ragazzi.
«Non credo che questo sia il segreto, perché ciascuno ha un fanciullo in sé. Nietzsche parla di una persona “vera “. Ma esiste una persona non vera? Se si è perso il proprio spirito del gioco lo si può ritrovare. Io e un mio amico musicista, Aaron Stern, abbiamo concepito un’istituzione chiamata Academy for the Love of Learning (A.L.L.) (Accademia per l’Amore dell’Apprendimento). Per ora non abbiamo ancora iniziato a realizzare quest’idea ma è depositata come società senza fini di lucro, il cui scopo prioritario sarà, oltre ovviamente il tentativo di unire la musica e i ragazzi, anche insegnare agli insegnanti a scoprire il loro amore per l’apprendimento. Solo così può avviarsi un processo contagioso. Attualmente stiamo verificando queste idee in particolare a Nashville. Io credo che sia il momento giusto: spero che sarà realizzata in tempi brevi perché io sono vecchio – anche se giocoso! – e non ho tempo all’infinito. Lo stare con i giovani mi ha mantenuto vivo e vorrei fare qualcosa per loro.

Dal 1951 svolge l’attività di insegnante per giovani musicisti a Tanglewood, dove lei stesso ha iniziato gli studi, e nel 1940 ha diretto insieme a Koussevitzkij. Nel 1986 ha iniziato a lavorare con giovani direttori d’orchestra e ha creato un’orchestra di tirocinio presso il Schleswig-Holstein Music Festival nella Germania settentrionale. E ora prosegue il suo viaggio d’insegnamento all’altro capo del mondo con il Pacific Music Festival. Di che cosa si tratta?
«Originariamente io e Michael Tilson Thomas saremmo dovuti andare in tournée in Cina con la London Symphony Orchestra e avviare anche dei corsi estivi in quel paese per giovani musicisti sia cinesi che giapponesi. Ma poi sono avvenuti i fatti di Piazza Tienanmen e tutti i contatti telefonici si interruppero. Poi, quasi come un miracolo, la Nomura Securities Co. Ltd. si mise in contatto con il mio manager, Harry Kraut, e gli comunicò che essi sarebbero stati lieti di adottare il progetto e farcelo portare ad Art Park, un’ampia area in legno presso Sapporo, la capitale di Hokkaido che è la seconda maggiore isola, e quella più a nord del Giappone. L’idea è di creare un Tanglewood Festival per la Costa Pacifica. Accanto alla L.S.O. creeremo un’orchestra per giovani musicisti dei paesi del Pacifico, che significherà non solo il Giappone e la Corea del Sud ma anche il Cile e la Nuova Zelanda. Io dirigerò e insegnerò… come faccio a Tanglewood e Schleswig-Holstein; e mentre la L.S.O. eseguirà opere di Beethoven e Benjamin Britten noi progettiamo anche di presentare esecuzioni di musicisti ecuadoriani e aborigeni, per esempio. Fa tutto parte dell’insegnare e imparare. Io sono un eterno studente e forse questo spiega perché sono un maestro abbastanza bravo…»

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*Pubblicato per gentile concessione di Jonathan Cott da “Rolling Stone Magazine” (Settembre 1990) Straight Arrow Publishers, Inc. 1990 (Diritti riservati)