In occasione dl decennale della morte di Claudio Abbado, avvenuta a Bologna il 20 gennaio del 2014, iniziamo la pubblicazione di tutti gli articoli dedicati da Amadeus al grande direttore d’orchestra, protagonista della vita musicale del Novecento e di questo primo scorcio del nuovo secolo.
È stato inevitabile che, fin dal primo numero, la nostra attenzione fosse rivolta al Maestro da poco eletto a una delle cariche più prestigiose: quella di direttore dei Berliner Philharmoniker.
A parlarcene è un testimone di prestigio come Duilio Courir, titolare della critica musicale e inviato speciale del Corriere della Sera.

(gennaio 1990 – Amadeus n. 2)

Claudio Abbado racconta come agirà nel nuovo incarico

«Un rapporto altrettanto bello, aperto e costruttivo si è subito instaurato
con i musicisti dell’orchestra
che sono venuti a Vienna per affrontare tante cose comuni
e per poter fare musica insieme. Loro sanno benissimo che per me neppure esiste
l’idea del dittatore o del direttore
che non consente discussioni.
Infatti, una cosa che ci ha non poco
divertito è stata quella del titolo
di ‘chief direktor’, appunto».
Talune scelte programmatiche del maestro
hanno reso
naturale il suo inserimento nel mondo di lingua tedesca.

di Duilio Courir

«La signora Anke Martiny», ministro della Cultura di Berlino­ Ovest – mi dice Claudio Abbado appena qualche giorno dopo la sua elezione alla guida dei «Berliner Philharmoniker» – mi è sembrata una donna estremamente aperta e molto intelligente, oltre che umanamente disponibile a comprendere le ragioni e i problemi di una città come Berlino.
          «Un rapporto altrettanto bello, aperto e costruttivo – continua Abbado – si è subito instaurato con i musicisti dell’orchestra che sono venuti a Vienna per affrontare tante cose comuni e poter fare musica insieme. Loro sanno benissimo che per me neppure esiste l’idea del dittatore o del direttore che non consente discussioni. Infatti, una cosa che ci ha non poco divertito è stata quella del titolo: ‘chef direktor‘, appunto. Ora, io ho cercato di dir loro che ‘chef‘ fa venire in mente il capo di un ristorante. In fin dei conti, la cosa giusta sarebbe quella di uno che fa parte dell’orchestra, conosce la partitura e coordina i musicisti insieme. Quello che proprio penso non ci sarà mai è il ‘Generalmusikdirektor’. Sai, qui a Vienna, questa figura è intesa in maniera un poco diversa, come il coordinatore di tutta la città e di tutte le associazioni. Questa è una responsabilità che ho accettato volentieri a Vienna, dove l’impegno di ‘Wien modern’ si è molto ingrandito, aprendo alla pittura con una significativa mostra di Alberto Burri, con la proposta di testi di amplissimo significato intellettuale al Burgtheater: una serata Schönberg-Kandinsky con musiche e proiezioni».

Una grande semplicità
          In realtà, Claudio Abbado ha preso, emozione comprensibile a parte, con grande semplicità questa votazione inattesa che lo ha portato alla guida della più prestigiosa orchestra del mondo e alla successione musicale del secolo, dopo il regno di Karajan che è durato trentaquattro anni.
La verità è che, malgrado siano stati in molti a tirarlo per la giacca, egli ha sempre sentito una fatale affinità con il mondo mitteleuropeo e tedesco. Nelle sue interviste di molti anni fa, non ha mai dimenticato di sottolineare come Milano abbia ricevuto un’impronta culturale viennese e si sa quale lezione incisiva, in ogni senso, sia stata per l’insegnamento di Hans Swarowsky, quando ne seguiva i corsi nella capitale austriaca negli anni Cinquanta, insieme a Zubin Metha.
Swarowsky oltre ad essere un grande insegnante di direzione d’orchestra e un infallibile analizzatore di partiture, era un intellettuale che aveva vissuto in prima persona la cultura di quella Vienna imperiale e promiscua, una città che aveva contribuito più di ogni altra, con Schönberg, con Wittgenstein, con Freud, con Loos, con Karl Kraus e con Hofmannsthal a formare lo spirito del secolo e a uscire vittoriosa dalla dissoluzione territoriale dell’Impero asburgico.
Se queste affinità, rivelate anche dalle sue scelte programmatiche, hanno reso naturale il suo inserimento nel mondo di lingua tedesca, nella votazione berlinese ha contato molto il suo metodo di lavoro, messo alla prova nel concerto del cinque settembre dove ha diretto il Concerto per pianoforte e orchestra di Schumann (solista Maurizio Pollini) e la Terza Sinfonia di Brahms.
Accanto a questo ha senza dubbio pesato lo spirito d’iniziativa di Abbado che non si è mai accontentato di lasciare le cose come stanno e il suo rapporto con i giovani strumentisti europei che lo hanno messo a contatto con le nuove realtà e aspirazioni delle ultime generazioni nella «European Community Young Orchestra» e con la «Mahler Jugendorchester».
Per alcuni candidati alla successione di Herbert von Karajan, la sorpresa di Berlino, in qualche caso, si è trasformata in costernazione ed in irritazione. Lorin Maazel, che le voci della vigilia davano come il favorito, ha cancellato ogni impegno con i «Berliner», non riuscendo a controllare la propria delusione per la elezione mancata; James Levine, il candidato dei grandi interessi delle agenzie americane, è stato colpito da un «Virus» di insofferenza, con complicazioni d’influenza, che lo hanno visto costretto a rinunciare alla tournée che aveva in programma in Europa con i «Berliner Philharmoniker» .
Ma la verità della situazione non viene fuori da tali reazioni di stizza, forse perfino prevedibili, bensì dalla serietà delle dichiarazioni di Riccardo Muti, dalla presenza confermata da Haitink e di Daniel Barenboim che dirigerà il concerto di San Silvestro, che per Berlino rappresenta qualche cosa di analogo a ciò che è il concerto di Capodanno per Vienna; vien fuori dalle accoglienze che Claudio Abbado ha avuto al suo primo concerto il 16 dicembre.
L’evento che, poi, più di ogni altro, contribuirà a determinare il clima berlinese, sarà la prevista nomina di Ulrich Eckardt alla sovrintendenza dei «Berliner»: un uomo che può conferire al futuro musicale di Berlino, in unità con i «Berliner Festspiele», un avvenire di enorme significato per tutta l’Europa.