di Gaetano Santangelo

L’assonanza tra le parole reflex e riflettere giustifica la scelta del nome di questa rubrica che ho tenuto su Amadeus dal febbraio 2015 al dicembre 2019 quando il mensile, nato nel dicembre 1989, compiva trent’anni.

Reflex è un termine ben noto a chi si occupa di fotografia. Molti modelli di macchine fotografiche, siano esse professionali o amatoriali, usano il sistema chiamato reflex. Si tratta di un semplice gioco di specchi che, ricevendo l’immagine attraverso l’obbiettivo, permettono di avere una visione corretta dell’inquadratura: il fotografo vede l’immagine con l’occhio della macchina, vale a dire l’obiettivo; in tal modo ogni variazione (apertura del diaframma, tempo di posa, messa a fuoco, zoom ecc,) è visibile attraverso il mirino e consente di migliorare il risultato e di ottenere l’effetto voluto. Quando si preme il pulsante lo specchio ruota l’immagine può raggiungere la parte sensibile della macchina e la fotografia viene registrata nella memoria. Con i moderni sistemi digitali – la vecchia gloriosa pellicola appartiene alla preistoria – lo scatto è immediatamente visibile sul piccolo schermo che si trova sul dorso dell’apparecchio.

L’immagine che vediamo è una fotografia in cui è fissato un istante della realtà che ci circonda. Con un clic abbiamo fermato il tempo. Alla stessa maniera questa rubrica vuole cogliere frammenti di realtà e proporli alla riflessione dei lettori. In pratica, avvalendoci di un gioco di parole anzi di specchi, abbiamo fermato una scena in movimento e abbiamo avuto la possibilità di tentare di capire cosa si nasconde oltre la superficie. Gli spunti, o se preferite le immagini, ci saranno suggeriti prevalentemente dalla nostra rivista. Ci servirà per riflettere, appunto, e magari per trovare nuovi argomenti per il dialogo con i lettori.

(Amadeus n. 303 – febbraio 2015)