lettera aperta a Amaya Fernandez Pozuelo

Carissima Amaya,

un nuovo ascolto del tuo ultimo cd dedicato a Bach mi obbliga a tornare (ancora!?) sul tema alio modo perché, strada facendo, l’ammirazione ha lasciato il posto alle riflessioni. Si è accesa la lampadina e ho realizzato che Scarlatti e Bach, suonati alio modo, esigono anche un ascolto alio modo. E infine, perché no! invitano a guardare (perfino a vivere?) la vita alio modo. Una cosa comunque è certa: per potersi permettere di suonare, fantasticare, sognare, in una parola, vivere in un altro modo, è necessario essere coscienti di dover affrontare percorsi lunghi e tortuosi, più di quanto ci sia concesso nella nostra breve e talvolta complicata esistenza.

È come se ti fossi accomodata sulla chaise longue dello psicanalista senza aver prima chiarito chi era il paziente: tu o il compositore? Purtroppo mi sono sentito escluso dal vostro dialogo, che si svolgeva in una lingua del tutto particolare: non con parole, ma con note, disposte una dopo l’altra secondo una logica che tende a far coincidere “cuore e cervello” in un unico organo pulsante, dove sensi e pensieri, realtà e fantasie si fondono indissolubilmente nel linguaggio eterno della musica. «L’espressione della musica non è così chiara ed esplicita come la significazione delle parole, non è così apparente e viva come le immagini e gli atteggiamenti della pittura, ma è più attraente e d’ogni poesia più poetica …» parola di Rossini.

         Quando il caos si fa ordine, la musica inizia a percorrere le vie del tempo con variazioni agogiche, dinamiche, tonali, insomma con tutto quanto serve per essere musica e non rumore. A questo punto sorge spontanea una domanda: perché il Padreterno non ha portato a termine la sua opera? perché, dopo aver separato luce e tenebre, terra e acqua, dopo aver creato gli uccelli, i pesci e tutti gli animali e infine l’uomo e la donna, perché non separò il suono dal rumore? Ha lasciato all’uomo questa non facile missione. Ci sono voluti migliaia di anni ma, secondo me, il risultato è eccellente, tanto che sono nate le stelle polari della nostra vita musicale. Come Vega, Sirio, Aldebaran, Antares… anche le stelle della musica hanno un nome, si chiamano Monteverdi, Vivaldi, Bach, Brahms, Beethoven, Rossini, Verdi, Schubert, Mozart… ma si limitano a tracciare un possibile percorso, non la meta! Il compito di trovarla è lasciato agli interpreti, e ciascuno lo fa a suo modo. E pensare che tutti, fino all’avvento dirompente di Gould, credevano e dichiaravano di avere un unico modello: quello scritto sul pentagramma dall’autore; ma questo dice solo una parte di verità. Infatti a ogni esecuzione, tutto viene rimesso in discussione: più forte, più piano…, più lento, più veloce? ma in quali dosi?

Fellini ha detto: «nulla si sa, tutto si immagina», ed è quello che facciamo con la musica. La musica non è la partitura, la musica è qualcosa di aleatorio, esiste solo quando l’interprete suona, cioè la “immagina”. Solo la registrazione può restituire una precedente versione. Ma anche qui subentra un elemento di “disturbo”: lo stato d’animo di chi ascolta che può essere lieto, triste, depresso… e quindi attribuisce a ciò che ascolta un proprio personale alio modo.

Ecco perché il tuo alio modo mi ha portato a queste riflessioni. Ho sentito una voce amica che mi sussurrava: «Ascolta, c’è un altro modo!» Era la voce dello strumento naufrago nell’oceano del passato: il clavicembalo, messo in un angolo dal fortepiano e dal pianoforte, amorevolmente riscoperto e valorizzato da quelli che tu chiami tuoi “maestri”. Ho pensato alla noia della vita senza i tanti alio modo che l’hanno arricchita rivelandosi un antidoto efficace al tran tran quotidiano. Ma non sempre li abbiamo riconosciuti. Siamo abituati a considerare la vita come un contenitore in cui mettere tutto e a considerarla vivibile solo se contiene tutto.

         E pensare che la musica risulta più ricca proprio grazie a ciò che le manca: la parola. Questa non appartiene all’autore, ma all’interprete e, un po’, a chi l’ascolta. L’arte musicale, ma non solo quella, si rinnova in un eterno divenire. In pratica avviene una sorta di travaso di idee, che poi idee non sono, perché già queste si prefigurano in parole e significati vari e spesso contradditori. Le idee di cui ci occupiamo sono senza parole, sono il nutrimento dello spirito: scegli i sapori, i profumi gradevoli e mangi… È una dieta che si rinnova secondo esigenze che sono al di fuori e al di sopra delle nostre capacità di capire, sappiamo solo che è necessaria e, perché no? piacevole, e tanto basta. È come se quelle parole/suoni si concretizzassero, per fare un esempio, in ideogrammi: so che sono idee o immagini che hanno un significato preciso, so che altri le comprendono, ma per me restano solo parole/suoni, al massimo posso intuirle, o meglio, immaginarle. Ecco perché il percorso per impadronirsene è lungo e difficile.

Tutto questo possiamo capirlo ascoltando i tuoi cd: la Sonata K 213 di Scarlatti, il Capriccio BWV 992, il Concerto in stile italiano di Bach…, dove ci sentiamo immersi in un susseguirsi di varianti agogiche e dinamiche (sul cembalo? si chiederà qualcuno) impressionanti. Lo si era capito fin dall’ascolto dei brani precedenti. Ma qui emergono prepotentemente gli “affetti” che ti fanno ripensare all’inesorabile cammino della vita, dove gioie e dolori si alternano con lo stesso ritmo, la stessa intensità, lo stesso respiro di ogni essere vivente. E tra tutti gli esseri viventi, quelli più vicini al mondo della musica, per me, sono gli alberi: la loro lunga vita, lo stormire delle fronde, il profumo dei fiori, il sapore dei frutti, il rinnovarsi dei colori… ricovero per animali e riparo per gli uomini… perché sopravvivono alla propria fine diventando oggetti utili e inutili… perfino strumenti musicali…in una parola: musica!

Questo in breve mi suggerisce l’ascolto dei tuoi alio Bach e alio Scarlatti. Vuoi vedere, carissima Amaya, mi son detto, che l’ho capito anch’io il tuo alio modo? Ho capito per esempio che «i sentimenti del cuore non si imitano, si esprimono». L’ha detto uno che si esprimeva magistralmente con le note. Ancora lui: Rossini (convinto sostenitore della superiorità del cembalo – il tuo strumento – nei confronti del pianoforte).

Ma qualcuno potrebbe obbiettare che infiniti sono i casi in cui la musica ha avuto bisogno delle parole e viceversa. Diamo di nuovo la parola a Rossini: «La musica produce effetti meravigliosi quando si accompagna all’arte drammatica, quando l’espressione ideale della musica si congiunge alla espressione vera della poesia ed alla imitativa della pittura. Allora, mentre le parole e gli atti esprimono le più minute e le più concrete particolarità degli affetti. la musica si propone un fine più elevato, più ampio, più astratto. La musica allora è direi quasi, l’atmosfera morale che riempie il luogo, in cui i personaggi, del dramma rappresentano l’azione».

Forse, scrivendo decine di melodie su Mi lagnerò tacendo di Metastasio, anche Rossini cercava un alio modo. E non esitava a prendere un brano destinato ad altre opere per adattarlo a nuovi contesti (qualcuno sospetta che lo facesse per risparmiar tempo, chissà?) Non potrebbe essere invece un tentativo di far vivere alio modo le sue creazioni? Ma mi rendo conto che questo è un gioco pericoloso e perciò, a questo punto, mi conviene passare ai saluti.

Una volta licenziato il tuo cd che hai posto sul tavolo della roulette come un’abile croupier che elargisce ai fortunati vincitori lauti premi in sonanti note d’autore, puoi dire «Les jeux sont faits». E fin qui sono d’accordo, ma non aggiungere «rien ne va plus!» Anzi mi aspetto un «ça va encore!» perché resto in attesa del tuo prossimo alio modo che spero non si faccia attendere a lungo.

Un abbraccio e un grazie, a modo mio

Gaetano Santangelo

P.S.: Se volete saperne di più su Amaya e Alio Modo ascoltate “La stanza della musica”