di Carlo Delfrati

Amadeus n. 5 aprile 1990: ha inizio la pubblicazione della rubrica “Le Parole della musica” a cura di Carlo Delfrati, uno dei maggiori esperti in didattica musicale e autore di diffusissimi corsi per le scuole medie.
Con questa rubrica si è cercato di chiarire il significato di alcuni dei più frequenti (ma anche dei più insoliti) termini usati dagli addetti ai lavori.
La rubrica Parole della musica si protrae fino al n. 73 del dicembre 1995 e viene sostituita dalla rubrica Scuola cui farà seguito il supplemento ScuolAmadeus.

La musica e la danza sono sorelle; spesso sorelle gemelle tanto che è facile scambiare loro parole come «sarabanda», «minuetto», «valzer». Queste parole indicano danze ciascuna con i suoi passi caratteristici, o le musiche su cui si danza, con i loro caratteristici ritmi? Sembra una questione oziosa, ma non chiarirla può indurre in qualche equivoco: chi balla il minuetto nel corso di un minuetto di una sinfonia di Mozart? Teniamo pure la stessa parola per due cose diverse, ma riconosciamo quando ci si riferisce all’una piuttosto che all’altra.
Il minuetto, dunque, è una danza e anche una particola «forma» musicale. Fino a un certo punto della loro storia le due sorelle sono andate avanti mano nella mano. La danza ha un’origine contadina: la si ballava nel Seicento nelle campagne francesi. Negli anni subito dopo la metà del secolo, la troviamo praticata alla corte di Luigi XIV, il Re Sole. In poco tempo divenne la più diffusa delle danze aristocratiche. Si danzava con movimenti eleganti aggraziati, ma non così manierati come mostrano certe creazioni moderne. I passi erano complessi, e complesso era il disegno che le coppie di ballerini dovevano tracciare su1 pavimento della sala: era perciò indispensabile la maggior scioltezza possibile nei movimenti. Movimenti veloci o lenti? Probabilmente la velocità non era una sola. Proprio come avverrà con il walzer, vi erano minuetti più lenti e minuetti più rapidi: questi ultimi indicati da un teorico del tempo, il Brossard, come più vicini al gusto italiano. La danza restò a lungo in voga nei salotti aristocratici, per tutto il Settecento; tanto che in una scena famosa del Don Giovanni, Mozart la fa ballare alle coppie nobili. Poco più in là la contadina Zerlina balla con Don Giovanni la contraddanza il ballo del popolo. Mentre Leporello cerca di far ballare a Masetto una danza nuova nuova che, nel secolo successivo, diventerà lo status symbol della borghesia e che farà tramontare definitivamente il minuetto: il valzer. La trovata singolare di Mozart è che lo spettatore vede ballare le coppie simultaneamente, e sente eseguire simultaneamente le tre musiche corrispondenti.

Consideriamo ora le musiche composte per il minuetto: hanno un andamento ternario e una velocità ogni volta subordinata a quella dei passi. Lully sembra sia stato il primo compositore a scrivere musiche per minuetto per i balli di corte e, ancora più, per le sue stesse rappresentazioni teatrali, opere e balletti. La fama di questa danza era tale che i compositori di musica strumentale cominciarono presto a inserirla nelle loro suites, in genere subito dopo la sarabanda. È con un trionfale minuetto che si concludono le fastose Musiche per i reali fuochi d’artificio di Haendel.
E se ne impadronirono anche i compositori di musica sinfonica, a cominciare forse da Alessandro Scarlatti per le sue sinfonie d’opera, e dagli altri autori della prima metà del Settecento. Sia nelle suites sia nelle sinfonie incomincia a questo punto a far capolino l’idea di abbinare, uno dopo l’altro, due diversi minuetti. Il secondo minuetto è di solito eseguito da due oboi e un fagotto: e per questo prenderà il nome di trio.
Quando si arriva alle sinfonie di Haydn e di Mozart si scopre che questa regola si è cristallizzata. Prima dell’Allegro, che più comunemente chiude le loro sinfonie, troviamo, il più delle volte, il minuetto seguito dal suo trio. Altra regola ferrea: dopo il trio si ripete il primo minuetto. A questo punto, il significato del termine minuetto si dissocia largamente da quello originario: continua sì a indicare un certo andamento ritmico, ma, soprattutto, indica ora una certa forma musicale: tanto che ritroveremo la forma-minuetto, tale e quale, negli «scherzi» delle sinfonie di Beethoven e, addirittura, nelle marce musicali dell’Ottocento. Le due sorelle – la musica e la danza – hanno ormai preso cammini ben diversi. La forma-minuetto (come è meglio chiamare questa particolare struttura compositiva, per distinguerla dalla danza pura e semplice) è forse l’espressione più tipica del gusto settecentesco per l’equilibrio e la razionalità. La forma-minuetto è il trionfo della simmetria. Quello che in un’architettura simmetrica è la perfetta corrispondenza della parte destra con la parte sinistra, rispetto a un asse centrale, nella forma-minuetto è la corrispondenza del prima col dopo, rispetto a un asse temporale. Non solo, infatti, abbiamo la successione di minuetto-trio (al centro) -minuetto. Ma ciascuna delle tre parti segue una struttura analoga: primo tema -secondo tema (al centro) -ritorno del primo tema. Lo schema a sinistra mostra la regolarità di questa che è tra le più «classiche» delle strutture musicali (i due punti significano che la sezione che li precede viene ripetuta).

(Amadeus n. 22 settembre 1991)