di Ettore Napoli 

Il Requiem in Re minore KV 626 è una delle pochissime musiche uscite dalla letteratura che le è propria per entrare nell’immaginario di tutti noi. Contestualmente, il suo autore, Mozart, è diventato un personaggio rock.

 

Sono state la sua genesi, le incertezze  compositive e il fascino irresistibile del non finito a determinare quel passaggio. Molte sono le pagine della storia della musica non portate a termine dall’autore: dalla Sinfonia n. 7 (o 8) di Schubert alla Decima di Mahler, da Turandot di Puccini alla Nona di Bruckner, alla Lulu di Berg. Di tutte queste esistono i “completamenti” realizzati da altri con le inevitabili polemiche sulla liceità di questi interventi esterni. Anche del Requiem viene regolarmente eseguita la versione completa curata post mortem (1791) da Hans Havier Süßmayr, di dieci anni più giovane e al quale si devono quasi certamente almeno anche i recitativi delle due ultime opere di Mozart: La  clemenza di Tito e Zauberflöte. Come quelli ricordati anche il suo intervento è stato oggetto di approfonditi studi musicologici, ma non ha mai suscitato discussioni. Ma il nome di Süßmayr non compare mai nei titoli di esecuzioni e\\o incisioni

Della commissione, oggetto a lungo di leggende e illazioni, ormai si sa tutto grazie alla testimonianza di Anton Herzog, segretario del Conte Franz von Walsegg-Stupach con il quale suonava anche in quartetto, aperta da questa intestazione: «La Storia Vera E Doviziosamente esposte del Requiem di W.A. Mozart. Dal suo principio nell’anno 1791 a questi giorni». In calce al documento si legge: “Respinto dall’Imperiale Regio Ministero, Vienna 8 febbraio 1839, Freyberger, mpria” (la sigla finale è da intendersi “manu propria”). Si ignorano i motivi per i quali quella che possiamo dedurre essere stata la richiesta di pubblicazione sia stata proibita. Solo nel 1963 si è venuti a conoscenza del documento grazie a Erich Otto Deutsch. È lo stesso Herzog, inoltre, a informarci che il Conte von Walsegg-Stupach, violoncellista dilettante e appassionato di musica, fosse solito commissionare ad alcuni compositori pagine che «copiava di propria mano per poi farne ricavare le parti staccate»  destinate all’esecuzione; i presenti dovevano poi «indovinare chi ne fosse l’autore. Spesso dicevamo che era il Signor Conte stesso […] egli sorrideva ed era felice d’esser riuscito – almeno così pensava- a beffarci». Così aveva fatto anche dopo la morte della moglie in data 14 febbraio 1791, inviando a Mozart il proprio amministratore, Johann Sortschan per commissionargli un Requiem da eseguirsi a ogni anniversario della scomparsa della consorte, assicurandosi «come sempre il diritto di proprietà esclusiva».

La notte del 5 dicembre, quando poco dopo la mezzanotte Mozart muore nell’appartamento al primo piano di Rauhensteingasse 8 vicino alla Cattedrale di Santo Stefano per una grave infezione streptococcica, la situazione della partitura appare così (M. = Mozart, S. = Süßmayr ):
1. Introitus: Requiem aeternam                  M. (completo)
2. Kyrie                                                          M. \\ S*
3. Sequentia: Dies Irae                                 M. \\ S.
                      Tuba Mirum                            M. \\ S.
                      Rex Tremendae                       M. \\ S.
                      Recordare                                M. \\ S.
                     Confutatis Maledictis               M. \\ S.
                     Lacrimosa                                 M. \\ S.**
4. Offertorium: Domine Jesu                        M. \\ S.***
                         Hostias                                  M. \\ S.***
5. Sanctus                                                      S.
6. Benedictus                                                 S.
7. Agnus Dei                                                   S.
8. Communio: Lux Aeterna                           S.
* Sono altresì di Mozart le parti cantate e il basso figurato – le prime composte secondo la prassi del tempo-, di Franz Johann Freystädtler (1761-184) quelle degli archi e dei legni e ancora di Süßmayr (1766-1803) le parti di trombe e timpani.
** A Mozart si devono solo le prime otto battute, complete, seguite da due di Josef von Eybler (1765-1846) al quale Konstanze si era rivolta per primo; la NMA ha pubblicato il suo tentativo fermo a battuta 10  in quanto non se la sentì di proseguire.
*** Si è ipotizzato, senza prova alcuna, che le parti strumentali siano dell’Abbé Maximilian Stadler, al quale si deve, con sicurezza, il completamento del Kyrie KV 322\\296a.

Gli studiosi hanno appurato che se la prima esecuzione è avvenuta il 2 gennaio 1793 organizzata dal barone Gottfried van Swieten, i primi due numeri, Introitus e Kyrie  erano stati già  eseguiti il 10 (o l’11) dicembre nella Chiesa di San Michele a Vienna per commemorare la scomparsa di Mozart di pochi giorni prima.

La linea demarcazione tra partitura originale e interventi di Süßmayr sino all’Hostias non è mai stato possibile tracciarla con sicurezza, né forse mai lo sarà, per due precisi motivi, il primo dei quali è la quasi identità delle due calligrafie al punto che Süssmayr, come si scoprirà un secolo e mezzo dopo, ha falsificato la firma di Mozart sull’autografo inviato al Conte Walsegg-Stupach per testimoniarne la completezza, precedente la sua scomparsa, e ricevere quindi il compenso per la commissione a suo tempo pattuito. La circostanza relativa alla calligrafia ha spinto alcuni studiosi a ipotizzare che in realtà  tutte le parti mancanti siano state dettate a Süßmayr dagli altri compositori, un’ipotesi anche questa priva di testimonianze di prima mano. Nasce forse da qui l’idea di Miloš Forman di girare la celeberrima scena di Mozart che dal letto detta a Salieri alcune battute della Sequentia (Amadeus, 1984).

Decisamente più importante, se non fondamentale, è il secondo motivo. In una lettera del 1827 a Stadler Konstanze rivela di avere consegnato a Süßmayr tutti gli appunti in suo possesso su foglietti sparsi perché se ne servisse per il completamento e di avere cantato con lui alcune parti del Requiem non ancora fissate sulla carta perché Mozart le sentisse dal letto. Sinora solo uno degli appunti è venuto alla luce ed è stato pubblicato nel 1963 da Wolfgang Plath: sul retro di un appunto per Zauberflöte ci sono quattro battute del Rex Tremandae e l’esposizione di una fuga sulla parola “Amen” dopo il Lacrimosa a conclusione della Sequentia.

Infine, in data 17 marzo 1799 Konstanze, confondendo le acque sulla vera realtà del Requiem, così scrive all’editore Breitkopf & Härtel: «per ciò che riguarda il Requiem, in mio possesso è naturalmente quello celebre, scritto da lui poco prima di morire. Non so che di questo unico Requiem, tutti gli altri li dichiaro apocrifi [erano apparsi, numerosi, dopo la morte del marito]. Fino a che punto esso è opera di Mozart (lo è fin quasi alla fine) lo dichiarerò al momento opportuno […]». La precisazione, per altro ambigua nella frase finale, non impedirà all’editore Simrock di pubblicare nel 1836 lo spartito di un Requiem brevis in Re poi inserito in Appendice (Anh. 237).

Se dunque per i primi quattro numeri (Introitus escluso) il Requiem appare come un campo di battaglia con incertezze in numero almeno pari alle certezze, queste sembrano scomparire del tutto per gli ultimi quattro, per i quali Süßmayr è costretto a navigare a vista, senza nemmeno le due ancore delle parti vocali e del basso figurato, confidando solo sulle sue capacità compositive, sulla lunga frequentazione mozartiana e, soprattutto, sul “materiale” passatogli da Konstanze, che nella lettera del 1827 a Stadler aggiunge di essere sicura che lui ne avesse dell’altro relativo proprio alle sezioni mancanti ma mai venuto alla luce. Il sospetto di qualche studioso è che abbia fatto passare per sue le soluzioni compositive di qualità, che pure abbondano in quelle sezioni, mentre quelle più scadenti -in particolare i raddoppi orchestrali- siano di sua mano. Se a questo si aggiunge che l’idea principale del Benedictus proviene da un quaderno di esercizi redatto a suo tempo da Mozart per Stadler e che per il ritorno nell’ultimo numero dell’Introitus (da “Te decet hymnus”) e della fuga del Kyrie Süßmayr ha seguito l’indicazione di Konstanze -che a sua volta l’avrebbe ricevuta da Mozart stesso- nel complesso generale il suo contributo sarebbe di molto sminuito.

Ma la totale dedizione alla causa e soprattutto il coraggio per avere messo mano alla partitura di un artista del quale aveva la massina considerazione richiederebbero che il suo nome compaia a fianco di quello di Mozart; nelle edizioni di altri, posteriori, completamenti (almeno cinque tra il 1971 e il 1993) il suo compare in appendice o è cassato del tutto. Ma sinora, per quanto se ne sa, nessuno di questi si è affermato. Forse perché lui era un musicista. Gli autori degli altri sono solo musicologi, per quanto professionali possano essere.