di Gaetano Santangelo
L’assonanza tra le parole reflex e riflettere giustifica la scelta del nome di questa rubrica che ho tenuto su Amadeus dal febbraio 2015 al dicembre 2019 quando il mensile, nato nel dicembre 1989, compiva trent’anni.
Se l’arte, la musica in particolare, secondo alcuni costituisce il nutrimento dell’anima, così come il cibo è il nutrimento del corpo, possiamo benissimo immaginare che esistano categorie di persone che, per soddisfare i propri appetiti spirituali, scelgano con cura percorsi in sintonia con le proprie aspirazioni gastronomiche. Possiamo benissimo fingere che anche nella musica esistano onnivori, carnivori, vegetariani e vegani.
Premesso che, per meriti acquisiti sul campo e per aver percorso sentieri quanto mai insoliti nella costruzione della mia modesta cultura musicale, appartengo alla categoria degli onnivori, su cui è inutile dilungarsi, rimane aperto il quesito sulle altre. Chi sono in musica i carnivori, i vegetariani e i vegani? A quale categoria appartiene chi per esempio ascolta solo musica antica rigorosamente eseguita su strumenti d’epoca senza ammettere alcuna deroga o diversa lettura rispetto a quella imposta dai grandi interpreti (o almeno da quelli che si reputano tali), e che considerano una bestemmia Bach o Scarlatti eseguiti al pianoforte, sia pure da Andràs Schiff, da Beatrice Rana o, dio ce ne scampi, da Ramin Bahrami.
Dove potremmo collocare chi, al contrario, ascolta solo Wagner e tutti i suoi “discendenti” e considera Verdi e tutti i compositori dell’area verdiana da tenere a debita distanza, perché troppo attenti ai sapori forti? Possiamo considerarli vegetariani? Ma non per una scelta ecologica, quanto per incapacità di mettere in gioco non solo la mente ma anche il cuore e le viscere. La loro incapacità di saper apprezzare sapori forti li priva dei gustosi manicaretti di Ambrogio Maestri.
Resta poi la categoria dei carnivori. È la più difficile da collocare perché non credo che, analogamente al mondo animale, esistano tra gli umani persone che si nutrono solo di carne. Ma se ci fossero dove li potremmo collocare? Che musica ascoltano? Credo che l’Ottocento sia il loro terreno di caccia preferito. Un percorso che non esclude qualche ottima zuppa di pesce.
(Amadeus n. 336–novembre 2017)