di Rubens Tedeschi

(Pubblicato sul n. 223 di Amadeus, febbraio 2000)

Balakirev, Borodin, Kjui, Musorgskij e Rimskij-Korsakov
formano una libera associazione di musicisti,
una comunità ideale votata al cambiamento dell’Impero.

       A cavallo tra storia e leggenda, il «Gruppetto potente» – come fu ribattezzato ironizzando su un’innocente definizione vive tra incerti confini, ma entro una precisa realtà storica: l’aspirazione dell’intellighentia russa a una radicale trasformazione delle strutture e della cultura del vecchio Impero. Libera associazione, senza statuti né regole, il Gruppo è una comunità ideale che conserva un forte potere di attrazione anche quando i suoi membri si allontanano per strade diverse.

Aleksander Sergeevic Dargomyzskij.

Se la cronologia è incerta, esso ha tuttavia una sua storia e una preistoria che inizia nell’inverno fra il 1834 e il ’35, quando un amico conduce da Glinka «Un uomo piccoletto in redingote blu e gilè rosso dotato di una voce acuta di soprano. Quando il giovanotto si sedette al piano si rivelò un pianista assai brillante, destinato a diventare in seguito un compositore di grandissimo talento: Aleksander Sergeevic Dargomyzskij».
Parole profetiche. Quando Glinka le annota nelle Memorie, rimaste incompiute per l’improvvisa morte il 3/15 febbraio 1857, non può ancora valutare l’importanza del discepolo nello sviluppo dell’opera russa. Per il momento gli passa i quaderni teorici del prof. Dehn e, tra una prova e l’altra di Una vita per lo Zar, analizza con lui le sinfonie di Beethoven. Su questa base, Dargomyzskij, dopo il consueto viaggio all’estero da cui torna convinto che «gli elementi di poesia si trovano in Russia» si lancia in varie imprese liriche, per poi dedicarsi, tra il 1840 e il ’55, a Rusalka , tratta dall’incompiuto poema di Puskin. Il dramma del mugnaio pazzo e della fanciulla tradita trasformata in ondina detta, tra innovazioni e ricadute, la ricerca di un nuovo stile. «Nella Rusalka», dice, «farò il possibile per mettere in luce gli elementi drammatici e umoristici della nostra vita nazionale». Contemporaneamente inizia quella produzione di liriche caricaturali e realiste che contribuiranno in modo decisivo alla nascita dell’autentico recitativo russo opposto alla tradizione del canto italo-francese.
       La fredda accoglienza del pubblico del Mariinskij (il 4/16 maggio 1856) non scoraggia il musicista che, nel frattempo, ha allargato la sua sfera di influenza. Nel medesimo 1856 – anno fatidico – compare nel suo salotto, frequentato da scrittori e artisti, un diciottenne (presentato anch’egli da Glinka) dai modi sgradevoli, ma dotato di una passione musicale travolgente: Michail Balakirev. Ancora un «dilettante» pronto a diventare un caposcuola. Nel salotto di Dargomyzskij, si lega con Kjui, giovane ufficiale del genio deciso a diventare musicista, e con Valentin Stasov, bibliotecario e storico che sarà, di fatto, il sesto dei Cinque: la mente teorica e l’inesausto fornitore di soggetti per opere e poemi sinfonici.

Modest Musorgskij.

I tre sono il nocciolo iniziale del gruppo cui si unisce, alla fine del ’57, il tenente della guardia Modest Musorgskij: nel ’61 il guardiamarina Nikolaj Rirnskij-Korsakov e, qualche mese dopo, il chimico Aleksandr Borodin, tornato da un soggiorno in Germania con un bagaglio di lavori scientifici e qualche fascicolo di liriche e di composizioni di elegante fattura. Con lui il Gruppo è completo, unito dalla giovinezza, dalle speranze e dalla comune passione artistica e morale. Il clima del paese si è aperto al futuro. Alessandro II, salito al trono nel 1855, si annuncia portatore di riforme liberali. La Russia è in fermento. Dopo Puskin e Gogol, appare con Turgenev, Dostoevskij, Tolstoi una nuova costellazione di romanzieri. Herzen si batte per la liberazione dei contadini e, nel 1861, vede la soppressione della servitù della gleba. Nel clima di attesa, la gioventù è una garanzia: Balakirev, quando bussa alla porta di Glinka e Dargomyzskij, ha soltanto diciott’anni, due meno di Kjui e uno più di Musorgskij. Diciottenne è anche Rirnskij-Korsakov quando entra nel cenacolo. Il più maturo è Borodin che ha un decennio in più quando torna dall’Occidente. La vita non li ha ancora logorati e, con intatto entusiasmo, alzano la bandiera della «verità» (parola magica) contro la falsità del vecchio regime zarista e contro il predominio artistico delle vecchie scuole. La lingua russa, la lingua del popolo, deve diventare la lingua della vera arte e, per evitare ogni corruzione, va tenuta al riparo da ogni genere di accademia, compresa quella scolastica. Dall’Occidente si accettano soltanto (e non senza qualche grosso equivoco) i negatori del classicismo paralizzante: l’ultimo Beethoven, il primo Schumann, Berlioz e Liszt, ma non Mozart, Chopin e soprattutto Wagner, dilettante come loro ma erede del «sistema tedesco».
La virulenta posizione antiwagneriana, oltre a vaccinare definitivamente i Cinque contro il virus del gran sassone, inasprisce i rapporti col più anziano Aleksandr Serov che ne esalta i principi. La sua Giuditta (applaudita al Mariinskij il 18/20 maggio 1863) non trova grazia – come la successiva Rogneda – agli occhi di Musorgskij e dei suoi amici. Lanciatosi con entusiasmo nella sua prima impresa teatrale, Salammbo (da Flaubert) di cui musica gli episodi salienti tra il 1863 e il ’64, Musorgskij abbandonerà il progetto con la sprezzante dichiarazione : «Con Giuditta ne avevamo avuto abbastanza del!’ Oriente. L’ arte non è un passatempo». In effetti, la strada dei «nazionalisti» è un’altra, certificata da Rimskij: «Verso la primavera del 1868 la maggior parte dei membri del nostro circolo si riuniva quasi ogni settimana a casa di Dargomyzskij. Egli ci aveva spalancato le porte mentre componeva febbrilmente Il Convitato di pietra. Il primo quadro era già completo; il secondo era giunto alla scena del duello e il seguito veniva composto, si può dire, sotto i nostri occhi ammirati».

Michail Balakirev.

La morte, sopravvenuta il 5/17 gennaio 1869, arresta l’alacre mano quando mancano poche battute alla fine. Ma già Musorgskij si è lanciato nella medesima direzione musicando parola per parola, in un recitativo interrotto, il primo atto del Matrimonio di Gogol. Poi anche questo ardito esperimento si interrompe per lasciare campo libero al Boris Godunov.
Tutti i membri del Gruppo, ora, sono al lavoro. Nel 1869, salvo Balakirev che non si accosterà mai alla scena, gli altri sono immersi in attività teatrali. Kjui mette in scena il Ratcliff, Borodin riceve da Stasov il soggetto del Principe Igor, Musorgskij e Rimskij si assistono a vicenda nella composizione del Boris e della Pskovitana. Due anni dopo li troveremo in un alloggio comune, dove lavorano a turno sul medesimo pianoforte. Con reciproco vantaggio, nota l’amico Borodin. Che, ora, il «Gruppetto potente» sia una realtà è certificato dal direttore del Ma­ riinskij con la commissione a Kjui, Musorgskij, Rimskij e Borodin dell’opera-ballo Mlada, un atto a testa. Anche se poi, protestando la mancanza di fondi, il teatro lascia cadere il progetto, il riconoscimento è ufficiale, ribadito dalle rappresentazioni della Pskovitana (1/13 gennaio 1873) e della seconda e definitiva stesura del Boris che (il 27 gennaio/8 febbraio 1874) corona la vita del Gruppo e contemporaneamente ne segna la fine.
Già da un paio d’anni, in realtà, Balakirev, caduto in una crisi di mistica follia, aveva abbandonato la musica e i colleghi. Ma i legami finiscono per allentarsi proprio quando il capolavoro di Musorgskij si erge come un massiccio montagnoso che non si può superare, ma soltanto aggirare. Ognuno, ora, deve scegliere il proprio cammino e scoprire la propria autentica personalità. Non è facile. Rimskij-Korsakov, convertitosi alla tecnica, si dà a costruire fughe e contrappunti, abbandonando per anni la creazione. Al contrario, Borodin che, dopo l’iniziale fervore, aveva lasciato cadere l’Igor, scopre nel Boris la possibilità dell’«opera epica». I doveri scientifici, gli impegni umanitari e l’aneurisma che lo stronca (il 15/27 febbraio 1887) lasceranno incompiuto il manoscritto. Kjui, critico velenoso anche del Boris e compositore anonimo, sfornerà ancora una decina di partiture destinate all’oblio.

Aleksandr Borodin.

Il vero dramma, lacerante, è quello di Musorgskij, il più geniale e, spiritualmente, il più fragile di tutti. Conscio dell’impossibilità di scrivere un secondo (o un terzo) Boris, cerca e trova una via originale elaborando per Chovanščina un nuovo stile di parola cantata, oltre agli imprestiti folkloristici per la Fiera di Soročincy. Se non riesce a condurre in porto l’orchestrazione dell’opera epica e a terminare quella buffa, la causa principale sta nello scoraggiamento provocato dalla solitudine. A differenza dei compagni meno geniali ma più accomodanti, rifiuta ogni compromesso. Aristocratico di nascita, ha scelto una volta per tutte la causa del popolo (al contrario di quanto crede l’americano Richard Taruskin) e la sterminata ricchezza della parlata popolare. Inchiodato a questa fede, accusa di tradimento «chi si ferma al passaggio a livello», chi, stanco, cerca un comodo riposo. Questa fede, però, deve nutrirsi di affetti, di sostegni. Li cerca in mediocri figure come il poeta Goleniscev-Kutuzov e, peggio, nella bottiglia (più cognac che vodka) sino a morire di delirium tremens (il 16/28 marzo 1881) in un letto dell’ospedale militare dove gli amici d’un tempo gli han trovato ricovero.
Chi sembrava perso («de mortuis…» nota l’amaro Musorgskij), e ritrova invece un campo personale di attività, è Rimskij­ Korsakov, il «professore» approdato al Conservatorio. Lì si trasforma in un originale creatore di fiabe musicali. Non senza periodiche ricadute di aridità da cui esce, regolarmente, completando e pubblicando i manoscritti di Glinka, di Musorgskij, di Borodin. Anche se corregge più del necessario, li salva dall’oblio e salva se stesso ritornando periodicamente alle origini. Infaticabile sino all’8/21 giugno 1908 quando soccombe a una crisi di angina pectoris.
In lui il Gruppo, tradito, continua a vivere come preziosa eredità, da trasmettere nelle mani dei geniali eredi, Stravinskij e Prokof ‘ev. Ultimo rimasto, dopo la morte di Balakirev (16/29 maggio 1910), Cesar Kjui renderà anch’egli un estremo tributo al nazionalismo eroico mettendo in scena, nei giorni della rivoluzione d’ottobre, il suo completamento della Fiera di Sorocincy, per poi scomparire (il 26 marzo 1918) assieme alla vecchia Russia.