Io, Leonard, fanatico della musica (parte seconda)

di Jonathan Cott*

(Pubblicato sul n. 11 di Amadeus, ottobre 1990)

West Side Story*

West Side Story è la sua opera più famosa e di maggior accesso. Aveva avuto la sensazione che sarebbe diventata tanto popolare nel momento in cui la compose, nel 1957?
«Assolutamente no. Tutti, infatti, ci dicevano che lo spettacolo era un progetto irrealizzabile. Ma io e Steve Sondheim (che ha scritto i testi) tenemmo l’audizione con grande a passione, suonando il piano a quattro mani per trasmettere un quintetto o la fuga “Cool” su 12 tonalità. Ma nessuno, ci fu detto, sarebbe stato in grado di cantare le quarte aumentate – come in Ma-ri-a (dal do al fa diesis). Inoltre ci dissero che l’“estensione” della partitura era eccessiva per della musica pop: “Tonight, Tonight“.
E poi chi avrebbe voluto assistere a uno spettacolo in cui il sipario del primo atto si chiude due cadaveri riversi sulla scena?
 “Non è una commedia musicale per Broadway” A questi problemi si aggiunsero le difficoltà di formare il cast in quanto erano necessari uomini di spettacolo che fossero in grado non solo di cantare ma anche di ballare e di recitare e che potessero sembrare dei ragazzi. Alcuni di quelli che si presentarono erano ragazzi, alcuni avevano 21 anni, altri 30, comunque dimostravano tutti 16 anni. Alcuni erano fantastici cantanti ma non sapevano ballare molto bene, o viceversa … e se erano in grado di fare entrambe le cose non sapevano recitare.
Alla fine, però, in qualche modo ce l’abbiamo fatta. E lo spettacolo ha anche salvato dalla bancarotta la Columbia Records, che in principio non voleva né investire nello spettacolo né registrarlo».
* West Side Story

E la Columbia Records non si gettò nel rock and roll alla fine degli anni ’50 sebbene la nascita del rock and roll risalisse ormai ad alcuni anni prima?
«Caro ragazzo, il rock and roll esisteva già alla fine degli anni ’30 – prima che lei nascesse – quindi non dica questo a me! Ho sentito l’espressione rock and roll per la prima volta in una canzone che Ella Fitzgerald registrò con batterista jazz Chick Webb per la Decca: s’intitolava Rock It For Me. Non la conosce? Vuole ascoltarne un pezzetto?»

La ricorda ancora dopo mezzo secolo? Imperterrito il maestro inizia a cantare, schiocca le dita, imita la tromba e percuote il tavolo in un’esecuzione memorabile.
«È stata la prima volta in cui ho sentito l’espressione satisfyin’ my soul with rock and roll (soddisfare la mia anima con il rock and roll) ed ero solito impazzire quando sentivo Ella (il mio angelo!) cantare quella canzone… Bene, la sto istruendo!».

Attraverso i suoi concerti, specials televisivi, libri, conferenze e i suoi dialoghi con il pubblico prima dei concerti, lei ha istruito la gente per più di quarant’anni. Lei stesso ha affermato una volta che l’insegnamento è probabilmente la professione «più nobile» «più disinteressata» «più onorevole» del mondo. E una volta lei ha anche fatto riferimento al suo «antico, quasi rabbinico istinto» per «l’insegnamento e la spiegazione
Si dice che nella società ebraica tradizionale il bambino all’età di sei o sette anni venisse accompagnato in classe per la prima volta da un rabbino e qui ricevesse una lavagnetta sulla quale erano state scritte le lettere dell’alfabeto ebraico con il miele. Il bambino doveva leccare via dalla lavagnetta ciascuna lettera nominandola ad alta voce; in tal modo si voleva che il bimbo pensasse ai suoi studi come a qualcosa di dolce e desiderabile.
«Sebbene io non possa dimostrarlo, nel profondo del mio cuore io so che ogni persona nasce con l ‘amore per l’apprendimento. Senza eccezioni. Ogni neonato studia le proprie dita delle mani e dei piedi; e la scoperta che il bambino fa della propria voce è uno dei momenti più straordinari della vita. Io ho avanzato l’ipotesi che debbano esistere delle proto-sillabe che sono all’origine di tutte le lingue – come MA (o varianti di tale sillaba) che, in quasi tutte le lingue, significa mother, mater, madre, mutter, mat, Ima, shi-ma, mama. Immagini un neonato nella sua culla, che mormora MMM a se stesso… e all’improvviso ha fame. Apre la bocca alla ricerca del capezzolo – tutti i bambini lo fanno – ed esclama MMA-AA … e così impara ad associare questa sillaba con il seno materno e il piacere di essere saziato. Madre/Mare sono parole molto simili fra loro in spagnolo, come anche in francese mère/mer. Il mare del liquido amniotico è il luogo in cui si trascorrono i primi nove mesi di vita – il grande oceano in cui non è necessario respirare né fare niente – tutto ti viene portato. Persino dopo il trauma della nascita – che noi non superiamo mai – esiste sempre quel piacere con il quale i bambini imparano a dire MA!
Poi, un giorno, il neonato dice MA! e il capezzolo non arriva. Questo può succedere cinque giorni o cinque mesi dopo la nascita, ma, in qualunque momento accada, è uno shock tremendo. Conosco ragazzoni grossi e ormai adulti che sono saltati – letteralmente saltati – nelle braccia delle loro terapiste e hanno pianto sperando di essere cullati al loro seno!».

Come MAH-LER?
(Risata). «Perché no? Mahler prese quattro appuntamenti con Sigmund Freud e tre volte li interruppe perché era troppo spaventato dall’idea di scoprire il motivo per cui era impotente. Fu sua moglie Alma – che intrattenne relazioni in diversi periodi con Gropius, Kokoshka, Werfel e Bruno Walter, fra gli altri – che lo indirizzò da Freud. Lui era di vent’anni più vecchio di lei e lei era la ragazza più carina di Vienna, ricca, colta, seducente…»


Lei l’ha mai incontrata personalmente?
«Sì, fu molti anni fa. Lei alloggiava presso l’Hotel Pierre a New York e mi invitò per il “tè ” – che risultò essere acquavite – poi propose di andare a guardare alcune “cose memorabili ” del marito compositore nella sua stanza. (Io rimasi mezz’ora nel salotto, uno o due minuti meno nella camera da letto). Lei era proprio come una meravigliosa operetta viennese. In ogni caso Mahler non le dedicò sufficienti attenzioni. Trascorreva notti intere in un suo piccolo capanno di legno, impegnato a comporre la sua Sesta Sinfonia, mentre lei si agitava nel letto. Mahler provava un senso di colpa per questo – quando si giunge al tema Alma nello Scherzo della Sesta Sinfonia i margini dello spartito sono pieni di esclamazioni come “Almschi, Almschi per favare non odiarmi, sto ballando con il diavolo!” (L. B. canta il tema Alma). Leonard Bernstein prova Mahler
«Mahler s’incontrò con Freud presso l’Università di Utrecht in Olanda dove sedettero su una panchina del campus per un paio d’ore. In seguito Freud, in una lettera a uno dei suoi allievi, così commentò gli effetti osservati: “Ho analizzato il musicista Mahler” … (un’analisi di due ore, s’immagini! Freud era tanto pazzo quanto i suoi clienti) …”e come noterete la madre di Mahler si chiamava Maria, tutte le sue sorelle avevano come secondo nome Maria e sua moglie si chiama Alma Maria Schindler.
(Cantando) ”I’ve just kissed a mom named Maria!” (“Ho appena baciato una madre di nome Maria”). Comunque Freud pensava che Malher fosse innamorato dell’immagine della Madonna e stesse soffrendo il conflitto del latin-lover: madre contro prostituta: si venera la prima e si hanno rapporti carnali con la seconda. In ogni caso Freud pensava che Mahler avesse avuto questo problema…»

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*Pubblicato per gentile concessione di Jonathan Cott da “Rolling Stone Magazine” (Settembre 1990) Straight Arrow Publishers, Inc. 1990 (Diritti riservati)